In una recente pronuncia la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che “la procedura fallimentare risulta ammessa al patrocinio d’ufficio direttamente ed in via definitiva dalla legge a seguito dell’attestazione di assenza di fondi da parte del giudice delegato, attestazione che deve esser apposta nel decreto con cui il giudice delegato, ex art. 25, n. 6 L.F. autorizza il curatore ad avviare la lite ovvero a resistere una volta evocato in giudizio. La verifica giudiziale che la lite non viene promossa ovvero si resiste in mala fede o colpa grave risulta dunque già effettuata dal giudice all’uopo individuato dall’Ordinamento e non può esser sottoposta ad ulteriore valutazione stante la natura propria della disciplina speciale in tema di fallimento” (Cass. 30/11/2020 n. 27310).
Si tratta di affermazione non scontata (il giudizio di merito nel caso esaminato dalla Suprema Corte era stato definito con pronuncia di senso contrario a quanto statuito dalla Cassazione) che facilita e rende privo di rischi l’accesso al gratuito patrocinio da parte di una procedura fallimentare, in quanto una volta che vi è il provvedimento del Giudice Delegato che autorizza il giudizio e nel contempo attesta che la procedura è priva di fondi, l’ammissione al patrocinio può dirsi definitiva non essendo contestabile nell’ambito del giudizio a cui fa riferimento.