La Suprema Corte in una recente sentenza (Cass. civile, sez. V., tributaria, N. 25756 del 02/03/2021) prende posizione (vi era già un precedente di legittimità nello stesso senso ma in sede penale) in merito a chi sia onerato a presentare la dichiarazione dei redditi in caso di fallimento di una persona giuridica affermando che “per quanto attiene la dichiarazione IVA, esiste una precisa disposizione normativa che impone l’obbligo di presentazione in capo al curatore ove un fallimento si sia aperto prima della scadenza del termine; lo stesso è a dirsi per quanto attiene le imposte dirette, in ragione di una lettura sistematica e costituzionalmente adeguata dell’ordinamento. In questo senso, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 1, pone il dovere di dichiarazione in capo alla generalità dei soggetti passivi, anche di coloro che non abbiano prodotto reddito in quell’anno di imposta: per le persone giuridiche, il dovere si intende in capo al legale rappresentante e, per il fallimento, in capo al curatore che ne prende la guida al momento di pubblicazione della sentenza che dichiara lo stato di decozione. Non vi può essere soluzione di continuità nella conduzione d’impresa, almeno ai fini fiscali (che qui interessano), sicché il curatore si trova nella posizione di potere/dovere propria dell’imprenditore, seppur senza l’alea che quello caratterizza, bensì con i limiti propri che la legge prevede a garanzia dei creditori, tra cui quel creditore privilegiato che è lo Stato. Se all’imprenditore fallito non può essere imputata la mancata esposizione dei redditi prima della sua scadenza, al contrario al curatore compete presentare la dichiarazione la cui scadenza sia successiva alla sua nomina nell’ufficio. Infatti, questo adempimento incombe – per la citata generale disposizione di legge – in capo a chi sia al governo della persona giuridica al momento della scadenza del termine per adempiere.”