“Se il codice deontologico è certamente applicabile anche al professionista che svolga l’incarico di curatore fallimentare, la portata dei precetti ivi contenuti va rapportata al munus publicum ricoperto, dovendosi escludere ogni possibile conflitto di doveri” … “Allorché un professionista assuma la funzione di curatore fallimentare, il carattere pubblicistico dell’incarico fa venir meno il rapporto tendenzialmente orizzontale che sussiste fra i colleghi (e che ispira i dettami contenuti nel codice deontologico) e determina il passaggio ad una relazione di tipo verticale, in cui gli interessi pubblicistici affidati al curatore assumono preminenza rispetto ad ogni altro. Ciò non può che riflettersi sulle modalità con cui il curatore fallimentare deve rapportarsi con i colleghi che risultino eventualmente coinvolti, soprattutto se, come nel caso di specie, vi sia la possibilità di un conflitto, anche solo potenziale, fra gli interessi della curatela e quelli del collega. La prevalenza dei primi rispetto ai secondi si riverbera necessariamente sugli atteggiamenti che il curatore deve assumere, e diviene il canone ermeneutico alla luce del quale le regole formali e sostanziali dettate dal codice deontologico devono essere modulate in concreto”. (Trib. Vicenza 12/03/2020)
In questa interessante Sentenza, il Tribunale di Vicenza interviene nel rapporto fra obblighi deontologici e incarichi pubblici ricoperti dai professionisti (in particolare quello di curatore fallimentare) ad essi sottoposti; la pronuncia è interessante perché tenta di contemperare gli opposti interessi in gioco.